Ecco il testo della lettera di Marco.
“Gentile signor S.D., sono Marco, il figlio di un suo operaio, licenziato dalla sua fabbrica non perché non faceva bene i lampadari, ma perché, secondo lei, quei lampadari costavano meno da altre parti. Questa cosa non l’ho capita. Se poi gli stessi lampadari li riporta in Italia, nella mia città, e li rivende allo stesso prezzo, mi dice cosa ci guadagna la nostra gente? Mi sembra di capire che il guadagno è solo il suo. Bene. Ho detto a tutti i miei amici, quelli con un padre e una madre ancora occupati di chiedere regali, ma di acquistare quelli fabbricati dalle mie parti, nel nostro paese. Lo so, è molto difficile, pensi che anche i giocattoli “feltrinelli” sono made in Thailandia. Questo me lo ha detto la mia professoressa che ci ha anche spiegato il concetto di solidarietà, parola per lei sicuramente sconosciuta. Non aspetto risposte a questa lettera. Mi auguro, però che lei possa passare un natale al buio, anche se produce lampadari. Io domani giocherò a pallone e le scarpe saranno quelle da tennis e non da calcio. Grazie a lei. Ma se segno con quelle scarpe, sarò sicuramente più felice e spero un giorno di illuminare tutto lo stadio con i miei gol e non con le luci dei suoi lampadari.
Marco.
Il giorno successivo Marco si presentò nel campo di calcio, con quelle scarpette ruvide, prese un pallone che sembrava stregato, tirò senza guardare e il portiere lo fece passare….
[liberamente ispirata a “la leva calcistica della classe 68, di Francesco De Gregori]